L’impatto ambientale di Internet: una prospettiva e possibili soluzioni

impatto ambientale di internet

Nella nostra società, ultra digitalizzata, Internet è diventato un elemento fondamentale del nostro vivere quotidiano. Ci connettiamo per lavorare, studiare, comunicare, divertirci: ma qual è l’impatto ambientale di internet? Non tutti sanno infatti che, dietro le nostre azioni online, si nasconde un impatto ambientale significativo e spesso sottovalutato. Introduciamo quindi qua un argomento che richiede, come sempre a nostro parere, un approccio olistico e sistemico sia come responsabilità da cittadini che come imprese.

Noi di Merakyn, in quanto Società Benefit e agenzia di consulenza specializzata in comunicazione e sostenibilità teniamo molto a questi temi e perciò abbiamo deciso di condividere una riflessione che non ha la presunzione di essere esaustiva, ma di proporre un’analisi ed aprire un confronto con l’ecosistema dell’innovazione per poter valutare insieme dove e come possiamo incidere considerando il possibile contributo di ciascuno. Merakyn è inoltre parte di Co2alizione, un network di 85 imprese e Società Benefit che sono impegnate in particolare nella transizione verso il Net Zero

Torniamo quindi ora al tema del nostro blog post, secondo una recente ricerca di Karma Metrix pubblicata su Il Sole 24 Ore: “Un solo server può produrre all’anno una media di 1-5 tonnellate di CO2. Volendo fare un paragone, il digitale contribuisce alle emissioni mondiali di anidride carbonica mediamente per una quota del 3,7% del totale contro il 2% del traffico aereo”.

Semplificando molto: ogni volta che si fa un clic su un link o si guarda un video, si sta contribuendo (anche se in modo minimo) a queste emissioni. Diciamo in modo minimo, ma tante gocce messe insieme, come sappiamo, fanno un oceano. Ad es una mail con o senza foto allegata può generare una differenza di impatto da 4 a 50 grammi di Co2 generata. E questo “oceano” come dicevamo può essere considerato più impattante degli stessi aerei come stavamo appunto indicando.

Ne abbiamo parlato anche tramite un contributo sviluppato insieme al nostro partner Greencome sui social. La sfida che ci approcciamo a dover risolvere nell’ambito del climate change non permette di sottovalutare nessun impatto generato.

È uno sforzo “titanico” quello che dovremo fare per salvaguardare la biosfera, oggi non basta infatti essere “carbon neutral” per la specie umana ma dobbiamo iniziare ad essere “carbon positive” per poter recuperare il ritardo accumulato e i rischi generati. Gli sforzi fatti con la pandemia del Covid-19 sono una piccola parte dell’impegno che dovremo mettere come cittadini e professionisti per superare questa ancora più grande e determinante “battaglia”.

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Copertina The Economist April 2020

È come se ogni nostra azione digitale “rilasciasse” una piccola quantità di CO2 nell’atmosfera, un po’ come l’auto che usiamo per andare al lavoro o il riscaldamento che accendiamo in inverno. Solo che, nel caso di Internet, questo processo è di fatto invisibile, avvolto nel “mistero” delle attività che avvengono dietro le quinte del nostro schermo.

Eppure, l’impatto ambientale di Internet è reale e tangibile. È un problema che noi che lavoriamo nel digitale non possiamo ignorare, se condividiamo l’obiettivo di voler  costruire un futuro sostenibile per noi ed il nostro pianeta.

E la buona notizia è che, proprio come possiamo decidere di andare al lavoro in bicicletta invece che in auto, o di ridurre la temperatura del riscaldamento in casa, possiamo fare scelte sostenibili anche sia come cittadini che a livello di azienda. Ma, prima di parlare di soluzioni pensate per diminuire l’impatto ambientale di internet è importante capire da dove proviene questo inquinamento e come si manifesta.

Perché Internet inquina? Una questione di energia e infrastrutture

Per i non addetti ai lavori il web è un’entità astratta, che può apparire complessa da capire, ma dietro a ogni ricerca Google, post su Facebook o episodio su Netflix, c’è un mondo concreto di infrastrutture e apparecchiature che lavorano senza sosta. Internet, per funzionare, richiede una quantità considerevole di energia.

Immagina per un momento di fare una ricerca su Google oppure avviare una richiesta su ChatGPT. Sembra un’azione semplice e banale, giusto? Ma, oltre lo schermo, il nostro dispositivo manda una richiesta attraverso cavi e reti fino a un data center. Questo data center, che potrebbe risiedere a migliaia di chilometri di distanza, elabora la tua richiesta, cerca le informazioni necessarie e le invia indietro al nostro dispositivo.

Tutto questo accade in una frazione di secondo. Non ce ne accorgiamo, ma ognuno di questi passaggi, richiede energia. Il nostro dispositivo ha bisogno di energia per funzionare, le reti web necessitano di energia per trasferire i dati, i data center, enormi strutture di server che funzionano 24 ore su 24, 7 giorni su 7, sono particolarmente voraci in termini di energia.

Il “boom di ChatGPT da parte di OpenAI ha ad es. effettivamente generato un allarmante aumento delle emissioni: le stime sulle emissioni di CO2 di una singola query generativa di IA indicano che è da 4 a 5 volte maggiore di quella di una ricerca su un motore di ricerca (fonte CarbonCredits.com).

E ancora. Un’analisi di Digiconomist dimostra quanto sia elevata la quantità di energia usata (quantosia elevato l’impatto ambientale) per generare criptovalute: il mining dei Bitcoin annualmente equivale a quanta CO2 produce ad es. un Paese come il Turkmenistan. Chiaro che costa energeticamente decisamente meno, per dire, che stampare monete oppure che, per esempio, trasportare lingotti d’oro.

Ma, in ogni caso, viene prodotta energia. E chiedersi la fonte di produzione di questa energia e come si può ridurre è una responsabilità che abbiamo tutti nell’ambito della sfida al climate change. Ciò, considerando che l’impatto ambientale di internet si prevede avrà una crescita esponenziale entro il 2030 in cui il web genererebbe circa il 10% delle emissioni di CO2eq globali (fonte: The Shift Project).

Non stiamo qua inoltre considerando in maniera più ampia l’ambito della comunicazione a 360° nel senso che ad esempio se parliamo di eventi dovremmo andare a considerare l’impatto ambientale che viene generato. Su questo abbiamo però scritto una guida dedicata alle aziende ed organizzazioni che intendono sviluppare degli eventi sostenibili.

Insomma: se da un lato è oggi di fatto impossibile pensare di fare a meno del web , dall’altro è altrettanto evidente che dobbiamo, con azioni concrete e tangibili, ridurre l’impatto ambientale di Internet ha per il nostro pianeta. Lo possiamo e dobbiamo fare sia come cittadini che come aziende. Come farlo? Nelle prossime righe vedremo anche questi aspetti.

L’impatto ambientale di internet e le conseguenze delle nostre abitudini digitali

Un altro elemento importante per completare lo scenario in cui ci stiamo muovendo è l’aspetto della digital pollution (o inquinamento digitale). L’inquinamento digitale è un fenomeno che va oltre l’impatto diretto delle aziende del settore tech. Riguarda le nostre abitudini quotidiane, come scorrere il feed di Instagram, mandare un’email, guardare una serie su Netflix.

Azioni apparentemente innocue che, però, incidono sul benessere del pianeta. Tutto ha sempre a che fare con l’energia. Prendiamo, per esempio, il semplice atto di guardare un video su YouTube: oltre all’energia consumata per trasferire i dati al nostro dispositivo, serve energia per mantenere il nostro dispositivo acceso e funzionante.

Pensiamo a quanto tempo passiamo sui social media. Ogni volta che facciamo scorrere il feed di Instagram o postiamo qualcosa su Facebook, stiamo consumando energia. E non solo: ogni post, ogni foto, ogni video, ogni email che mandiamo richiede spazio di archiviazione su un server in qualche luogo del mondo, che a sua volta richiede energia per funzionare.

Non solo. Un altro aspetto legato alla digital pollution è lo smaltimento dei rifiuti elettronici (si parla di trashware in questo caso). I dispositivi elettronici – smartphone, computer, tablet, cuffie, accessori, ecc. – sono diventati una parte essenziale della nostra vita.

Ma cosa succede quando diventano obsoleti o si rompono? Mossi dalla voglia di cambiare, di avere a disposizione sempre l’ultimo modello ultra-performante, rischiamo di far aumentare in maniera vertiginosa la quantità di rifiuti elettronici che finiscono in discarica. Questo aumento allarmante contribuisce in modo importante all’inquinamento del pianeta.

Ogni nostra azione online contribuisce, in qualche modo, a generare un impatto anche ambientale. E mentre le aziende sono chiamate in causa e stanno mettendo in piedi azioni per ridurre l’impatto ambientale di Internet (tra qualche riga torneremo su questo argomento), anche noi, come persone, possiamo fare la nostra parte. Vediamo insieme come.

Da cittadini, come possiamo limitare l’impatto ambientale di internet?

Ecco alcuni spunti che possiamo mettere in atto per contribuire al cambiamento.

  • Limita il consumo energetico. Non saremo qua a dare consigli a nostro parere inutili o “arcaici” di non caricare allegati o altre cose che di fatto possono limitare l’uso e il godimento degli strumenti digitali. Piuttosto ci sono consigli che riguardano tutti i dispositivi (compresi gli elettrodomestici) che riguardano lo standby ed il “saving” di energia che possiamo generare tramite i nostri strumenti con delle impostazioni di risparmio energetico (eventualmente disattivando le app in background o spegnendo il dispositivo se non in uso). Sono “policy” consigliate che fanno bene al pianeta ed anche potenzialmente in piccola parte alla nostra bolletta (sempre più cara);
  • Prolunga la vita dei dispositivi elettronici. Ci sono modi per dare una seconda vita al proprio computer o dispositivo. Re-immetterlo nel mercato dell’usato (tra l’altro recuperando qualche euro) può essere un’idea, oppure donare ciò che pensiamo non possa più essere usato da noi. Esistono tra l’altro realtà come i LUG – Linux User Group che recuperano componenti di vecchi PC che possono essere riutilizzati per dare nuova vita ad altri computer o aprire orizzonti su nuovi progetti e opportunità. Oppure iniziative territoriali a cui magari si può aderire, come è capitato a noi come team sostenendo RiDigital Biella che permette – tramite un gruppo di volontari – di ridare vita a dispositivi per offrirli a studenti che ne necessitano;
  • Prediligi il “refurbished”, il prodotto ricondizionato. Si tratta di un mercato in crescita per via dei numerosi vantaggi: un dispositivo ricondizionato è più conveniente, aiuta a ridurre le emissioni di CO2 e di energia (che sarebbero state necessarie per la produzione di un nuovo articolo), fa diminuire il numero di rifiuti e mette in moto l’economia circolare;

Mettere in moto il cambiamento: la responsabilità delle aziende

Se ti occupi di digitale, che tu sia un designer freelancer o che tu abbia un’azienda, oltre ai suggerimenti appena citati, ecco una serie di proposte da mettere in pratica per rendere più ecologica la tua attività se fa uso dell’online.

  • Scegli un servizio di hosting sostenibile. Un hosting verde (o hosting green) è preferibile come scelta, quindi invece di rivolgerti a un provider qualsiasi, affidati a una società che, per ospitare il tuo sito, usa energia rinnovabile o trova il modo di compensare la CO2 emessa. Tra le realtà che offrono servizi di hosting green che sono certificate dalla The Green Web Foundation c’è Artera, che è il provider da noi utilizzato come Merakyn.
  • Progetta siti web “green”. Saranno così siti “leggeri” e migliori. Realizzare siti sostenibili non aiuta infatti solo l’ambiente, ma anche il ritorno sugli investimenti e le vendite. Come? Pensiamoci insieme: un sito che riduce gli sprechi e consuma poco è un sito che nel suo DNA deve essere performante: pagine che si caricano in fretta, massima responsività e ottimizzazione dei contenuti (immagini, video e foto), uso di eventuali plugin e componenti solo strettamente necessari. Siti di questo tipo sono più facili da navigare, da leggere, strizzano l’occhio ai motori di ricerca, diventano quindi maggiormente appetibili per i clienti finali. In questo articolo SEOZoom riporta alcuni dati interessanti sull’argomento: per esempio quando “AutoAnything ha dimezzato il tempo di caricamento della pagina ha registrato un aumento delle vendite dal 12% al 13%”.
  • Misura il consumo che generi. Crescono i servizi in grado di analizzare sia se il proprio hosting è green, sia quanto inquinamento in generale la nostra organizzazione produce tramite il proprio traffico generato. Un esempio è la Startup Dedalo, che si occupa appunto di queste tematiche.

Ogni azione conta

L’impatto ambientale di internet è in sintesi un problema che dobbiamo affrontare insieme, come individui, come imprese e in generale come collettività. Se possiamo quindi fare piccoli passi nelle nostre azioni quotidiane, pensiamo come cittadini e professionisti che abbiamo il dovere di partecipare in modo concreto a questo cambiamento, per quanto possibile.

Non importa quanto piccolo possa sembrare l’impegno o di quanto siano le dimensioni della nostra attività: se moltiplicato per centinaia, migliaia e milioni di persone, può fare una grande differenza. Iniziamo allora sin da oggi a rendere Internet un po’ più “verde”.

Se ti interessano questi temi puoi anche approfondirli tramite il webinar che abbiamo organizzato in occasione della “Milano Digital Week” 2023 denominato “L’impatto della comunicazione digitale: verso la neutralità e inclusività”. Potete trovare il video sul nostro canale YouTube.

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